Un Ponte per superare insieme le barriere. Persone al servizio delle Persone.
13 maggio 2019
Tribunale di Torre Annunziata, Sala Giancarlo Siani
Spero traspaia, dalle mie parole, la gioia vera e profonda che provo per il fatto di essere qui, tra voi, oggi. Intanto perché sono a Torre Annunziata, la mia città, che amo profondamente e alla quale mi sento profondamente legato, e poi perché sono in un Tribunale, il luogo della legalità, il più indicato per immaginare il futuro, progettarlo con entusiasmo e fiducia, con la certezza di trovare gli strumenti per costruire equità, conoscenza e progresso.
Voglio iniziare ringraziando subito il Presidente Gennaro Torrese e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati perché con l’interesse e la vicinanza che hanno oggi voluto manifestare è stato possibile realizzare questo incontro.
Ringrazio quindi la città di Massa Lubrense che all’inizio di quest’anno si è dotata di uno strumento importantissimo come il PEBA, il piano di eliminazione delle barriere architettoniche, e anche la città di Torre Annunziata perché si è impegnata a dotarsene quanto prima. Per questo sabato scorso ho voluto simbolicamente unire queste due realtà, per provare ad avvicinare i rispettivi cittadini con disabilità alle proprie istituzioni.
Un pensiero di particolare gratitudine va inoltre all’istituto comprensivo Bozza Otra e al Liceo Artistico Statale Giorgio De Chirico per il loro prezioso contributo e perché la sensibilizzazione delle giovani generazioni sui temi della diversità e della disabilità determineranno sicuramente la costruzione di un mondo equo, giusto e inclusivo. Spero davvero che l’intelligenza e la disponibilità degli insegnanti di queste due realtà scolastiche servano da esempio ai loro ragazzi e alle loro famiglie.
La disabilità risiede nella società e non nella persona. Questa è la riflessione da cui sempre parto quando inizio un mio intervento.
E per questo motivo la solidarietà e la condivisione, sentimenti importanti per tutti, per una persona con disabilità assumono un’importanza fondamentale nel corso di tutta la sua esistenza.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità disegna molto bene, con grande efficacia, le condizioni entro le quali ogni persona con disabilità deve poter organizzare la propria esistenza e sottolinea inoltre, fatto straordinariamente importante, come della disabilità ogni società debba farsi carico trasformando questa condizione da fatto privato a fatto sociale.
Un mondo solidale, giusto, equo, come è ovvio, non lascia indietro nessuno e delle fragilità si fa carico. Certo, questo sulla carta, nelle intenzioni.
Il mondo reale però è più duro, ed è difficile creare queste condizioni perché gli ostacoli sono molti e alcuni anche difficilmente superabili.
Un ostacolo è il fattore economico, un ostacolo è l’indifferenza, un ostacolo è anche la mancanza di conoscenza, l’ignoranza. A tutti questi impedimenti però la scienza e la politica POSSONO, se in sinergia e con convinzione, IN BUONA PARTE ovviare.
Negli ultimi anni la scienza ha fatto passi da gigante. La ricerca tecnologica, grazie alle straordinarie capacità e competenze dei ricercatori, è stata in grado di realizzare, in campo protesico ma non solo, prodotti eccellenti, in grado di modificare radicalmente, in meglio, la qualità delle nostre vite. Questi miglioramenti, credetemi, non rappresentano un vantaggio solo per le persone con disabilità, ma costituiscono in realtà una notevolissima convenienza, anche in termini economici, per tutta la società. Per questo sarebbe molto importante che nel nostro Paese ci si preoccupasse di aggiornare di continuo il Nomenclatore Tariffario, il documento che elenca gli ausili e i presidi tecnologici forniti dal Servizio Sanitario Nazionale alle persone con disabilità, seguendo in modo sistematico le evoluzioni tecnologiche delle protesi e degli ausili così da garantire alle persone con disabilità quegli evidenti benefici derivati dal progresso della ricerca scientifica. E sarebbe altrettanto importante adoperarsi per far sì che in Italia l’inclusione e la coesione sociale rappresentassero i principi alla base dei processi decisionali politici e aziendali a tutti i livelli, applicando l’approccio della progettazione universale perché l’essere umano non è standard: può essere alto o basso, bambino o anziano, potrebbe deambulare in bicicletta o in carrozzina: la progettazione universale è l’approccio sociale che proclama il diritto umano di tutti all’inclusione e l’approccio progettuale per conseguirla.
Il punto è: perché le persone con disabilità, nel nostro Paese, non possono godere di questi stupefacenti traguardi raggiunti dalla ricerca scientifica? Perché in Italia è ancora in vigore un nomenclatore tariffario così drammaticamente obsoleto? Quanto ci stiamo perdendo, come Paese, in termini economici e in grado di civiltà, continuando ad ignorare questi ritardi?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci fornisce dati davvero spaventosi: ogni anno sono oltre un milione le amputazioni che vengono eseguite a causa del diabete. Ogni 30 secondi a una persona viene amputato un arto inferiore.
Il numero dei nuovi casi di cancro per anno salirà da 14 a 22 milioni nei prossimi due decenni.
Le malattie rare sono circa 6000, e l’80% ha un’origine genetica. Secondo stime recenti, nell’Unione Europea, circa 30 milioni di persone soffrono di una malattia rara, solo in Italia sono circa 2 milioni e di questi il 70% è rappresentato da bambini.
Sottolineo questi numeri terribili perché la loro grandezza dovrebbe, io credo, chiarire la necessità, urgente, di affrontare il problema della disabilità con parametri nuovi, passando dal concetto di mera assistenza a quello di inclusione, partecipazione, ascolto, promuovendo percorsi di autonomia e valorizzazione delle capacità, puntando molto sul mondo del lavoro e tenendo sempre a mente che anche in questo campo, anzi soprattutto in questo campo, è necessario applicarsi rivolgendo uno sguardo che sia lungo e progettuale, perché un grande investimento OGGI permetterà sicuramente grandi risparmi per il domani.
E siccome stiamo parlando di persone, e le persone non devono mai essere rappresentate esclusivamente come un costo, io esprimo anche la speranza che la disabilità, intesa come diversità, un giorno molto vicino possa arrivare ad essere vissuta come una risorsa, come un’occasione di crescita e sviluppo per tutte le società.
Sono profondamente convinto della necessità di dover raggiungere oltre che il cuore le coscienze di chi ha il potere di rendere accessibile e vivibile la nostra società a tutte le persone con disabilità, al fine di accorciare quella enorme distanza che ancora oggi preclude un pieno diritto di cittadinanza: Il diritto di partecipazione attiva.
È chiaro che con questo intervento non esaurisco neanche in minima parte tutto quello che avrei da dire. Sono infiniti i temi che potrei portare alla vostra attenzione, le esigenze di un mondo che ogni giorno combatte, quasi in solitudine, per obiettivi a volte così minimi che per altri rappresentano solo uno scontato punto di partenza. Potrei parlarvi delle famiglie sulle cui spalle grava il peso di una gestione così complicata che l’amore, da solo, non basta a sostenere serenamente, o di quei bambini che possono frequentare la scuola solo episodicamente, perché non trovano adeguate strutture di sostegno all’interno degli edifici e noi tutti qui sappiamo invece quanto siano determinanti per i ragazzi, per poter avere una vita felice, la socializzazione, la condivisione, l’amicizia.
Da tutti questi ragionamenti si evince, mi pare, un dato incontrovertibile: oltre che di questioni legislative e innovazioni scientifiche e tecnologiche è necessario e fondamentale occuparsi di promuovere una vera e propria rivoluzione culturale capace di incidere profondamente nelle coscienze delle persone, stimolando la loro capacità di guardare oltre le apparenze, per realizzare finalmente una società che non lasci indietro nessuno ma che invece sostenga con entusiasmo e convinzione le ambizioni di tutti, aiutando e promuovendo lo sviluppo di ogni individuo.
Nella mia esperienza so per certo che molto ha contato la caparbietà, la volontà fermissima di superare gli ostacoli che la vita mi poneva davanti trasformandoli in occasioni di crescita e cambiamento, ma molto però ha contato anche la vicinanza delle persone che ho incontrato nel corso degli anni, che mi hanno fatto sentire che non ero, e non sono, solo in questo percorso.
Naturalmente non sto qui a dirvi che tutto è stato facile, lineare e meraviglioso, anzi. Sono stati tantissimi i momenti di oggettiva difficoltà, sia pratica che emotiva, di sconforto e pessimismo ma questo, credo, riguardi la vita di ognuno di noi, al di là delle “abilità” di cui dispone. Ho capito però che è importante trovare dentro di noi la forza per rialzarsi, e poi qualcuno che ci tende la mano lo si trova sempre!
Come sapete tra gli obiettivi del nostro progetto figura quello, a me particolarmente caro, di aiutare le persone con disabilità della Regione del Kivu attraverso la formazione e l’invio di strumenti fondamentali per la riabilitazione e la cura, come gli ausili e i presidi ospedalieri.
Per raggiungere questo importante traguardo ho pensato che sarebbe necessario sottoscrivere un protocollo d’intesa, che non vincoli ma unisca nella solidarietà e metta insieme le preziose conoscenze, tra i più importanti ospedali e centri di riabilitazione presenti nel nostro Paese, come l’istituto Don Gnocchi, il Policlinico del Campus Biomedico, la Scuola Superiore Sant’Anna e l’Istituto di Scienza e Medicina dello Sport, al fine di reperire gli strumenti fondamentali per rispondere nella maniera più completa possibile alla domanda di aiuto che arriva dalla popolazione con disabilità della regione del Kivu.
L’obiettivo è quello di riuscire a consegnare i preziosi container ai centri di riabilitazione Shirika La Umoja di Goma e Heri Kwetu di Bukavu, al Reparto pediatrico dell’Ospedale Generale Provinciale di Bukavu che ospita i bambini malnutriti bisognosi di latte speciale, al campo profughi di Mugunga, all’Ospedale di Monvu, sull’Isola di Idjwi, e infine all’ospedale dei Caracciolini di Nyamilima.
Tutto questo naturalmente si potrà realizzare solo con la preziosa esperienza diplomatica della Cooperazione Italiana allo Sviluppo e con l’aiuto, anch’esso prezioso, delle Congregazioni religiose dislocate in varie diocesi locali presenti in quel tormentato territorio, aiuti indispensabili per facilitare e semplificare l’invadente burocrazia che regna nelle istituzioni locali della Repubblica Democratica del Congo e riuscire a consegnare i preziosi container.
Forse penserete che mi pongo obiettivi troppo grandi, ma ho imparato che se da soli non si arriva da nessuna parte, insieme si può andare ovunque.
Con affetto, Salvatore Cimmino