Sport, Tecnologie e Politiche sulla Disabilità
Genova, 23 aprile 2015
Vorrei esprimere la mia profonda gratitudine a quanti mi sono stati vicini con il loro affetto e il loro sostegno per tutti questi anni. Voglio dire grazie a quanti hanno condiviso e continueranno – ne sono certo – a condividere la mia battaglia: per un mondo senza barriere e senza frontiere.
Un saluto particolare a tutte le persone che ho incrociato sulla mia strada che, senza conoscermi, mi hanno regalato il loro tempo e la loro amicizia.
Ho iniziato questa avventura perché sono profondamente convinto dell’ importanza della condivisione. Solo portando all’attenzione dell’opinione pubblica le difficoltà e i disagi che quotidianamente vivono le Persone con Disabilità, solo sensibilizzando le coscienze, sarà possibile costruire, insieme, un mondo a misura di tutti. Se condividiamo l’idea di una società che si faccia carico dell’altro e che invogli ognuno a mettere a disposizione le proprie competenze e le proprie capacità, allora presto si potranno sconfiggere e abbattere definitivamente le barriere della diffidenza e dell’emarginazione così da poter raggiungere quegli obiettivi fondamentali per noi disabili – come l’esigibilità delle leggi che regolano la disabilità – impedendo che oltre un miliardo di persone rimanga indietro, da sola, ad affrontare l’esistenza.
Oggi i Governi, che in realtà fanno ancora poco in materia di disabilità, devono invece cominciare ad occuparsene concretamente, devono affrontare con convinzione la realtà dei disabili valutandone insieme la parte da risolvere come problema e quella da considerare come risorsa da utilizzare per la crescita e lo sviluppo dei Paesi del mondo. I Governi devono essere capaci di promuovere reali processi di integrazione, reali processi di cambiamento nell’organizzazione delle città, dei quartieri, dei trasporti, delle scuole, di tutte le strutture pubbliche. Devono farsi carico di promuovere una politica imprenditoriale capace di industrializzare gli enormi e straordinari passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica e dallo sviluppo tecnologico e contemporaneamente consentire a tutti i disabili di poterne fruire.
E’ necessario che il sistema sanitario contempli investimenti maggiori per la realizzazione di centri di ascolto per le famiglie, che non devono mai più essere lasciate sole. E’ necessario facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, valorizzare di ogni cittadino le capacità e le attitudini e, soprattutto, non permettere mai che qualcuno rimanga isolato e senza speranza.
Le Persone con Disabilità devono collaborare aiutando gli altri a vedere gli ostacoli che quotidianamente affrontiamo, dobbiamo impegnarci e non stancarci di parlare, manifestare, aiutare a dare voce a chi voce non può avere.
La mia prossima tappa – prevista per il mese di luglio del prossimo anno – è la Cuba Miami, e il traguardo sarà quello di portare un aiuto concreto per liberare le tecnologie dai cassetti dei principali centri di ricerca per renderli accessibili alle persone con disabilità , e per questo avrò bisogno di tanto sostegno e tanta solidarietà.
Secondo l’OMS ogni anno, sono oltre un milione le amputazioni che vengono eseguite a causa del diabete. Ogni 30 secondi a una persona viene amputato un arto inferiore a causa del diabete.
Secondo l’OMS il numero dei nuovi casi di cancro per anno salirà da 14 a 22 milioni nei prossimi due decenni.
Secondo l’OMS continua a salire il numero delle vittime di incidenti e malattie sui luoghi di lavoro. Gli ultimi dati dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) in occasione della giornata mondiale sulla sicurezza e la salute occupazionale parlano di 268 milioni di incidenti non mortali ogni anno e di 160 milioni di nuovi casi di malattie legate al lavoro.
Secondo l’OMS le malattie rare sono circa 6.000, l’80% ha origine genetica. Secondo stime recenti, nei 25 paesi della Unione europea circa 30 milioni di persone soffrono di una malattia rara, vale a dire la somma della popolazione di Olanda, Belgio e Lussemburgo. In Italia sono circa 2 milioni. Il 70% sono bambini.
Questi numeri spaventosi ci inducono a riflettere sulla necessità di coinvolgere e responsabilizzare maggiormente i governi di tutto il mondo sulle questioni riguardanti la lotta all’accessibilità, fruibilità del patrimonio tecnologico per l’autonomia delle persone con disabilità attraverso la Ricerca, lo sviluppo e l’industrializzazione delle protesi e degli ausili intelligenti.
La maggior parte delle persone con disabilità la mattina, quando si sveglia, ha grandi difficoltà nel pianificare una giornata; spesso è costretta ad accontentarsi della semplice immaginazione.
I motivi di questa triste realtà li conosciamo molto bene: mancano i dispositivi protesici e gli ausili corrispondenti alle proprie esigenze, le abitazioni sono inospitali perchè molto spesso sprovviste di ascensori per l’accesso e per l’uscita, manca il lavoro, e questo provoca sovente disistima nei confronti di se stessi. In più, se penso agli adolescenti, sappiamo bene che in alcune zone del nostro Paese le scuole sono architettonicamente inaccessibili o, realtà ancora più grave, prive d’insegnanti di sostegno, condizioni che compromettono quello sviluppo culturale e sociale pieno ed armonico a cui invece tutti, sulla carta, avremmo diritto.
Tutto questo accade perché il progresso non è distribuito equamente, non è accessibile a tutti.
Conoscete ormai la mia storia. Sono disabile dall’età di 14 anni e nel corso della mia esistenza, fino ad oggi che di anni ne ho cinquantuno, ho naturalmente avuto, come tutti, alti e bassi. Ma il problema in più, com’è ovvio, è stato sempre rappresentato dalle condizioni di partenza. Io credo che una società, per dirsi civile, debba porsi come obiettivo principale il benessere delle persone che ne fanno parte, valutandone i bisogni e accogliendone le esigenze fondamentali. Ma il processo che io intendo è un processo, essenzialmente culturale.
Non c’è politica che tenga, non c’è regola scritta che possa risultare efficace e risolutiva se non si riesce, prima, ad arrivare alla coscienza, alla formazione psicologica e morale dei cittadini. Intendo dire, in sostanza, che tutti i discorsi sull’accoglienza, sull’integrazione, sulla comprensione risulteranno vani e vuoti se non accompagnati da una reale modifica, profonda e radicale, del senso di cittadinanza e di appartenenza.
Solo partendo dall’acquisizione di questa consapevolezza, quindi, sarà facile elaborare politiche che davvero si facciano carico di quei “problemi in più”, di quelle differenze che spesso, anche se minime, avvelenano l’esistenza di un essere umano.
Realizzare uno scivolo nelle abitazioni e negli edifici pubblici sarà a quel punto naturale com’è oggi naturale costruire una scala per arrivare al piano superiore di un’abitazione, non ostruire il passaggio sui marciapiedi, non occupare un parcheggio riservato ai disabili si trasformerà da regola imposta per legge a comportamento spontaneo e scontato e così via fino a concepire, finalmente, i progressi della ricerca scientifica come materia da condividere per migliorare la vita di tutti e non solo di pochi fortunati.
Ormai sono molti anni che, grazie ad incontri come quello di oggi, ho la possibilità di raccontare a tante persone le piccole e grandi contraddizioni che, dal mio punto di vista, caratterizzano il nostro Paese: da una parte raccogliamo i frutti di una vivacissima attività scientifica e tecnologica, dall’altra viviamo ancora oggi, nel 2015, il paradosso di un nomenclatore tariffario inadeguato e obsoleto.
Da una parte godiamo di una tra le legislazioni più favorevoli all’integrazione dei disabili, dall’altra scontiamo un ritardo culturale e una grave carenza della politica, che quando si tratta di tagliare fondi non esita a rivolgere lo sguardo, come prima opzione, al nostro mondo. Insomma un atteggiamento schizofrenico che meriterebbe sicuramente un approfondimento di analisi ma che io mi limito invece, purtroppo, a sottolineare semplicemente come vittima.
Ma poi, per fortuna, c’è la società civile, ci siete voi, che invece il problema ve lo ponete, eccome, e non solo, lavorate anche per avviare processi reali e concreti di cambiamento.
Sono convinto che proprio partendo da incontri come questo sia possibile intervenire nel profondo delle coscienze; socializzare le esperienze, analizzare le situazioni, parlare e confrontarsi: tutto questo rappresenta l’unico esercizio possibile per inventarsi una società nuova, per trasformare il pianeta in un luogo per tutti, di tutti.
Salvatore Cimmino
Sono anni che ho la sclerosi multipla e ho letto con interesse tutto quello che avete scritto.
Un grazie particolare a Salvatore per la sua tenacia, non solo nell’affrontare la propria vita ma anche nel cercare il bene di tanti: GRAZIE
Anch’io in questi ultimi anni ho iniziato progetti di sostegno e di mutuo aiuto fra persone disabili, familiari e volontari e mi rendo realmente conto che la sofferenza affrontata con “grinta” e (per quanto mi riguarda con fede)invece di un limite può diventare una risorsa per il bene di molti. Un abbraccio fraterno. Baccini M. Luisa Ciao
Carissima Luisa,
non è la disabilità che limita ma la nostra società che non è in grado ad assolvere le esigenze di chi la vive.
Un forte abbraccio
Salvatore