Un ponte di speranza
“Doppio successo in America per Salvatore Cimmino, il nuotatore disabile di Torre Annunziata protagonista del progetto “A nuoto nei mari del globo“ per sensibilizzare l`opinione pubblica sull`importanza della ricerca per abbattere in tutto il mondo gli ostacoli all`inserimento dei disabili nella società.
Cimmino vince infatti la sfida nella baia di Boston – una nuotata di 30 chilometri in acque fredde e difficili – conquistando letteralmente il pubblico e i media locali che, sulla scia dell`eco delle sue precedenti imprese, hanno sostenuto con forza la sua causa. Un successo che lo stesso sindaco di Boston, Thomas M. Menino, ha voluto ufficializzare ieri, consegnando a nome della città uno speciale riconoscimento al coraggio e alla passione del “campione italiano“.
Leggere quest’articolo dell’agenzia di stampa ADN Kronos a firma di Simona Bonini, e riportato dai maggiori siti del web, m’incoraggia ancora di più a proseguire, convinto, su questa strada; vorrei chiedere alla città di Boston di sostenermi ancora per aiutare Simona a realizzare il suo sogno, che è quello di guidare un’auto per migliorare la sua mobilità e rendere efficace il suo contributo alla società come avvocato. Mi rivolgo a Boston perché è una città con una straordinaria organizzazione urbanistica, a misura di ogni essere umano e davvero vorrei che il mondo intero potesse, e volesse, seguire l’esempio dei suoi amministratori per far nascere altre dieci, cento, mille Boston.
E ho ancora un altro obiettivo e un’altra speranza: vorrei sostegno e interesse per l’ultima tappa del mio progetto “A nuoto nei mari del globo”, quando approderà a New York per circumnavigare l’isola di Manhattan. Con queste “maratone”, ormai lo sapete, sono tanti gli obiettivi che mi prefiggo e non ultimo, in questo momento, nel mio cuore c’è Goma, in Congo, ci sono i bambini dell’orfanotrofio di Padre Paolo e gli amputati del Centro protesico. Vorrei davvero portare un aiuto concreto, vorrei poter restituire a tutte le persone che lì ho incontrato un po’ di quella gioia immensa che tutti loro sono stati capaci di trasmettermi. Proprio in queste ore in Congo si vivono momenti di paura, la guerra assedia popolazioni già stremate da mille difficoltà e ostacoli di ogni natura: voglio esprimere a tutti gli amici che lì vivono e operano la mia vicinanza più affettuosa stringendoli in un abbraccio fortissimo.
Partendo dalla mia condizione di disabile e dall’esperienza di vita che ne è seguita, sono entrato in contatto con quella parte del mondo che da sempre si occupa di integrare nella società le persone che affrontano il quotidiano, le relazioni affettive, il lavoro, la vita con maggiore fatica rispetto a quelle normodotate, e ci è riuscita. Le stesse possibilità vorrei che venissero offerte al resto del mondo.
Sono molte le condizioni che privano la persona con disabilità di quella dignità necessaria a una vita piena e realizzata: piccole cose e grandi cose, una rampa mancante che impedisce l’accesso a un luogo, un ascensore stretto che non consente l’entrata a una sedia a rotelle, un semaforo privo del segnale acustico necessario alla deambulazione per un non vedente.
E ancora: il pregiudizio negli occhi di un cosiddetto normodotato, che paralizza e mortifica la persona con disabilità, l’ incapacità culturale dei genitori che non insegnano ai figli i principi di accoglienza e solidarietà, la miopia di molti governi che non capiscono il potenziale, reale e concreto, dell’ inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro.
Nel mondo le persone con disabilità, secondo l’ONU, sono circa 750 milioni, e se a queste vengono aggiunti i loro familiari, il numero delle persone coinvolte dal tema disabilità arriva ad oltre 2 miliardi, un terzo della popolazione mondiale.
Sia nei Paesi poveri sia in quelli ricchi le persone con disabilità sono generalmente più povere e rappresentano un quinto delle persone che vivono sotto la soglia di un dollaro al giorno, prive di cibo, acqua pulita, vestiti, alloggio. Sempre secondo i dati riportati dall’ONU, le persone con disabilità rappresentano il 10 per cento della popolazione mondiale.
Durante la mia permanenza a Boston sono stato ospite dell’azienda del Professor Hugh Herr, I Walk, dove, ho avuto la possibilità di provare la sua caviglia bionica: le sensazioni sono state incredibili, sembrava che camminassi con il mio piede, per questo gliene ne sarò per sempre grato.
Per esperienza personale posso con assoluta certezza affermare che la qualità di una protesi può veramente cambiare la nostra vita!
Un abbraccio forte di riconoscenza e affetto va a quanti mi hanno permesso di trasmettere il mio messaggio e il pensiero corre inevitabilmente a Filippo Frattaroli, Alberto Mustone e a Domenico Susi, persone straordinarie che hanno voluto accogliermi con un affetto e un’amicizia davvero rari. La mia permanenza a Boston, grazie a loro, è diventata un’esperienza tra le più belle e significative della mia vita.
E ancora, a Marialberto Mensa, al Console Generale Giuseppe Pastorelli, Greg O’ Connor, Elaine K. Howley, a Ken Goldman, Paul Parravano, al mio allenatore Filippo Tassara e a Giovanni Giordano, a Nicola Orichuia e a tutta Boston che ha voluto condividere questo mio percorso di speranza, grazie!
Con Affetto
Salvatore Cimmino
Grande Salvatore!
Ricordo le tue parole d’incoraggiamento la sera della gara a S. Maria di Salina.
Ho fatto l’operazione di protesi all’anca. Tutto ok. Ora la riabilitazione.
Spero in breve di poter dire quello che tu affermi con assoluta certezza della riacquistata qualità della vita.
Ti seguirò con fede nella tua missione.
Buon Cammino!
Un abbraccio. Giuliana
Ci congratuliamo con te per il tuo nuovo, straordinario successo. In attesa di nuove soddisfazioni, ti abbracciamo con affetto. Anna, Gianfranco e Vera